La criminalità organizzata minaccia il bilancio UE: le indagini della Procura Europea a Trapani lo confermano.

Laura Kovesi: “La criminalità organizzata minaccia il bilancio UE”. Le indagini della Procura Europea a Trapani lo confermano. L’indagine della Procura Europea di Palermo ha portato a 14 misure cautelari personali, per un danno stimato di circa 8,7 milioni di euro 24 indagati, 14 misure cautelari personali, 8 milioni di euro circa di sequestro preventivo e 1 milione di euro sequestrati. Sono questi i numeri dell’indagine condotta dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza trapanese sotto la direzione della Procura Europea di Palermo che avrebbe consentito di disvelare la commissione di plurimi delitti di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, corruzione, malversazione e condotte di riciclaggio e auto-riciclaggio ai danni degli interessi finanziari dell’UE. La criminalità organizzata rappresenta una minaccia crescente e pervasiva anche per le finanze dell’Unione Europea. Lo ha dichiarato recentemente la Procuratrice Capo dell’Ufficio del Procuratore Pubblico Europeo (EPPO), Laura Kovesi, durante un’audizione presso la Commissione Europea. La sua analisi ha sottolineato un dato allarmante: l’impatto economico delle attività illecite sul bilancio dell’UE è “stratosferico”, con frodi che colpiscono in particolare i fondi europei. Queste parole trovano riscontro concreto nell’operazione condotta dalla Procura Europea di Palermo, che avrebbe portato alla luce un vasto sistema di truffe e corruzione in Sicilia. L’indagine, condotta con il supporto del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Trapani, ha rivelato un danno potenziale al Fondo Sociale Europeo 2014-2020 stimato in circa 8,7 milioni di euro. Un colpo alle finanze dell’UE Le parole della Kovesi sono emblematiche: “I danni economici causati alla UE da attività illecite legate alla criminalità organizzata sono descritti come stratosferici.” Questi numeri si riflettono nei dati dell’indagine siciliana, dove 24 persone risultano indagate per gravi reati tra cui truffa aggravata, corruzione, riciclaggio e auto-riciclaggio. Le accuse evidenziano come i fondi europei, destinati allo sviluppo sociale e formativo della regione, sarebbero stati dirottati a favore di interessi privati e criminali. Le misure cautelari emesse e i sequestri preventivi di circa 9 milioni di euro rappresentano una prima risposta concreta al tentativo di bloccare queste condotte illecite, ma il caso siciliano è solo la punta dell’iceberg. Un bilancio allarmante per l’UE Il Rapporto Annuale EPPO 2023, pubblicato il 1° marzo 2024, ha evidenziato l’enorme impatto finanziario delle attività illecite sul bilancio dell’Unione Europea. Con 1.927 indagini aperte e un danno stimato di oltre 192 miliardi di euro, l’UE deve affrontare una sfida cruciale nella protezione dei propri fondi. In questo contesto, l’indagine siciliana rappresenta un esempio di come la criminalità organizzata possa infiltrarsi in programmi di finanziamento comunitari, danneggiando lo sviluppo economico e sociale. Le parole della Kovesi non lasciano spazio a dubbi: “La criminalità organizzata non conosce confini e minaccia la stabilità economica dell’Unione.” Il caso di Trapani, con il suo sistema ben orchestrato di truffe e corruzione, ne sarebbe una dimostrazione concreta e allarmante. Condividi: Articoli Recenti

Forum Shopping For Evidence – Il percorso del Cavallo

Forum Shopping For Evidence

Forum Shopping For Evidence – Il percorso del Cavallo Il c.d. trojan horse – captatore informatico inoculato direttamente sul cellulare dell’indagato attraverso un virus ed attivato da remoto – è senz’altro la misura investigativa più pervasiva della privacy che oggi la tecnologia consenta agli inquirenti di utilizzare, risolvendosi in un vero e proprio sistema di sorveglianza elettronica a distanza in grado di raccogliere dati relativi alla persona a trecentosessanta gradi; dati il cui filtro della valutazione di utilità ai fini di indagine si pone perciò necessariamente a valle piuttosto che a monte della raccolta medesima. In Italia il cavallo di Troia ha avuto un successo clamoroso ed è entusiasticamente adoperato con una certa larghezza a dispetto del suo intrinseco carattere di extrema ratio investigativa: un processo di progressiva normalizzazione già sperimentato ed anzi ormai del tutto compiuto per le intercettazioni telefoniche d’antan. D’altronde non esiste nel nostro Paese una normativa specifica di tale strumento, restando la suaregolamentazione – con buona pace della prevedibilità – affidata ad un guazzabuglio pressoché inestricabile di pochi e slabbrati limiti legali; precedenti giurisprudenziali fondati per analogia ovvero dissomiglianza sempre e comunque sulla disciplina delle intercettazioni telefoniche a dispetto del carattere ontologicamente diverso tra i due strumenti in questione; best practices maturate in corsa dalle varie Procure territoriali; infine, sporadici quanto contraddittori agganci al diritto comunitario. Sta di fatto che la natura immateriale del malaware tende a superare agevolmente i confini territoriali disegnati sulla carta e con essi la correlativa sovranità degli Stati; basti pensare che sin dal 2020 la Cassazione ha sdoganato la possibilità di procedere ad operazioni di intercettazione all’estero a partire da trojan inoculati in Italia senza la necessità di richiedere rogatorie internazionali, tutto sul presupposto che l’ineffabile captatore possa ritenersi legato al server sito nelle procure italiane come un palloncino col filo: un ragionamento ben poco aderente alla realtà della natura ormai immateriale anche dei server medesimi, di fatto tutti in cloud a dispetto della collocazione fisica dei loro macchinari di mero appoggio. Si tratta di un vero e proprio trend; basti considerare che lo stesso Regolamento 2023/1543, nell’introdurre gli ordini europei di conservazione/di produzione di prove elettroniche, ha bypassato la necessità, per leautorità inquirenti del paese richiedente tali ordini, di rivolgersi alle autorità giudiziarie dello stato di esecuzione, prevedendo che gli stessi – a determinate condizioni – possano essere inoltrati direttamente ai provider di servizi del paese di esecuzione. Insomma la dematerializzazione dei dati, oltre che ad una condivisione delle informazioni private tra organi inquirenti dei paesi comunitari più agevole, porta con sé anche l’oggettiva difficoltà di discernere, di volta in volta, i regimi giuridici e le garanzie applicabili.L’abuso – specie con sistemi di indagine particolarmente intrusivi – è dietro l’angolo. Lo ha evidenziato con una certa chiarezza la PEGA 5 – Commissione del Parlamento Europeo deputata alla verifica di come i Paesi dell’Unione utilizzino gli spyware – che nel report finale del 22 maggio 2023, preso preliminarmente atto della mancanza della benché minima volontà di collaborare a fornire informazioni da parte degli Stati Membri, ha poi concluso che tali strumenti investigativi – tra cui, nello specifico, anche quelli forniti da società di servizi che operano con le Procure italiane – sono stati usati non solo per motivi leciti ma anche illeciti quali monitorare ed attaccare dissidenti politici, giornalisti ed attivisti per i diritti umani. Un campanello di allarme che non pare abbia raccolto l’interesse che meritava né da parte delle Istituzioni Comunitarie, né da parte dei media. E’ in tale contesto che penso sia interessante leggere oggi le prerogative della Procura Europea (EPPO) in tema di raccolta transnazionale della prova elettronica. Più in particolare l’art. 31 del Regolamento 2017/1939 8 prevede che allorquando la misura investigativa vada eseguita in un Paese diverso da quello di partenza del Procuratore Europeo Delegato (PED) del caso, essa debba essere assunta in conformità del diritto del paese in cui la misura è eseguita. Si tratta di una regola in controtendenza col progressivo sfaldamento dei confini di sovranità giuridica visto prima o, in realtà, della massima espressione di tale sfaldamento? E’ già stato ampiamente rilevato come EPPO, sia pur a determinate condizioni, possa scegliere diincardinare le indagini in un Paese di comodo, vale a dire che presenti minori garanziegiuridiche/trattamenti sanzionatori più severi/condizioni più agevoli per richiedere misure cautelari o reali, etc.: è il fenomeno del c.d. forum shopping. Ebbene, il fatto di poter applicare anche da un altro Paese le regole giuridiche del Paese in cui si esegue la misura investigativa pare offrire ai Procuratori Europei Delegati un ulteriore, potentissimo strumento: il c.d. forum shopping for evidence, vale a dire la possibilità di selezionare anche un altro paese – diverso da quello cui incardinare le indagini – dove eseguire le misure investigative secondo criteri meno rigidi: un mix esplosivo che pone non pochi problemi a chi dovrà poi farsi carico della difesa dei diritti degli inquisiti, specie quando le misure in questione sono le più intrusive esistenti. E il pensiero ritorna, inevitabilmente, al cavallo. E’ giusto che la Procura Europea possa dribblare le regole tra Stati comprimendo la certezza del diritto? D’altro canto profittare degli spazi investigativi è nella natura degli organi inquirenti, sicché proprio non si può fare una colpa all’EPPO di volersi rendere più performante.Il punto è che sarà la stessa esistenza di EPPO e dei problemi ad essa correlati (come quello del percorso del cavallo) a dover giocoforza determinare – a lungo andare – una maggior armonizzazione del penale europeo, come sin qui non è mai stato ritenuto politicamente opportuno dagli Stati Membri. Si tratta di una evoluzione che passerà, negli anni, sulla pelle dei cittadini europei che si troveranno a fronteggiare le storture di un sistema in progress e sulle capacità di cooperazione dei loro avvocati che dovranno provare a porvi rimedio. Avv. Irene Lepre Condividi: Articoli Recenti

Corso di Formazione su EPPO a Bruxelles – Foto

Corso di Formazione su EPPO

Corso EPPO Observatory a Bruxelles – Foto Corso di Formazione su EPPO “Procura Europea & La nuova figura dell’avvocato europeo” Il 29 e 30 Aprile 2024 si è svolta la seconda edizione del corso di formazione “EPPO | Procura Europea & La nuova figura dell’avvocato europeo”. Oltre 50 avvocati, professori e studenti si sono ritrovati a Bruxelles, per discutere del futuro delle indagini transfrontaliere.  Corso di Formazione su Eppo – I partner Eppo Observatory ha avuto l’onore di organizzare questo corso di alta formazione con MasterLex, un’importantissima realtà italiana di formazione forense, e Camera di Commercio Belgo Italia. Insieme abbiamo curato le operazioni durante i mesi precedenti.   Insieme a noi, in qualità di partners, ANF, lo Studio Legale Leone-Fell & C., AGIUS, ADU, Dogma SPA, e Lumsa. Rivivi gli highlights del corso – Photo Gallery Condividi: Articoli Recenti Contattaci

Pubblicato il Rapporto Annuale Procura Europea EPPO 2023

Rapporto Annuale Procura Europea EPPO

Pubblicato il Rapporto annuale della Procura Europea EPPO per il 2023 Il Rapporto annuale della Procura europea (EPPO) per l’anno 2023, reso pubblico in data 1 Marzo 2024, presenta una rassegna dettagliata delle attività investigative svolte. Al 31 dicembre 2023, l’EPPO ha documentato la conduzione di 1.927 indagini in corso, con un impatto finanziario stimato per il bilancio dell’Unione Europea che supera i 19,2 miliardi di euro. Inoltre, sono stati emessi 139 rinvii a giudizio, registrando un aumento superiore al 50% rispetto all’anno precedente.  Le richieste di congelamento di beni presentate e concesse dai giudici ammontano a 1,5 miliardi di euro, evidenziando un aumento significativo rispetto al 2022. Italia al primo posto per indagini e danni economici Per quanto concerne l’Italia, il rapporto rivela che sono state avviate 618 indagini, di cui 160 caratterizzate da una componente transnazionale. L’Italia è prima anche per le indagini avviate sui finanziamenti legati al NextGenerationEU: ben 179 su un totale di 206 inchieste attive alla fine del 2023. Le indagini EPPO hanno portato al rinvio a giudizio di 256 individui e al congelamento di beni per un valore complessivo di 395,3 milioni di euro. Una panoramica dell’attività giudiziaria mette in luce la gestione di 98 procedimenti in corso, 22 sentenze di primo grado di cui 17 già definitive, 13 condanne e 4 assoluzioni. Immagine estrapolata dal Rapporto EPPO 2023 Condividi: Articoli Recenti

La Corte di Giustizia UE rafforza EPPO nelle indagini cross-border, ma resta aperta la questione della protezione dei diritti fondamentali

EPPO

(di Antonio Golino e di Giovanni Minucci) 1. Il caso “G.K. e altri” (causa C‑281/22) In data 21 dicembre 2023 la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è finalmente pronunciata sul tema del controllo giurisdizionale delle misure investigative transfrontaliere che, com’è evidente, ha un notevole impatto sul “processo decisionale rapido ed efficiente” delle indagini EPPO (cfr. 20° considerando del Regolamento EPPO). La sentenza della Corte di Lussemburgo era particolarmente attesa, giacché costituisce, da un lato, la prima decisione relativa sull’interpretazione del Regolamento istitutivo della Procura Europea e, dall’altro, concerne una questione “molto seria” la cui risoluzione segnerà, a parere dell’attuale Procuratore Europeo per l’Italia, Dott. Andrea Venegoni, “il futuro delle indagini transnazionali di EPPO” (cfr. A. Venegoni, Il rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia (caso C-281/22): l’EPPO alla sua prima, importante, prova, in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 12). Di seguito si espone, in sintesi, il caso concreto da cui trae origine l’arresto della Grande Sezione: 2. La Sentenza della Corte di Giustizia UE La Corte di Giustizia fondava il proprio iter motivazionale su un’interpretazione logica del regolamento EPPO, sacrificando parzialmente, come si vedrà nel prosieguo, il tenore letterale delle norme eurounitarie oggetto di rinvio pregiudiziale (artt. 31 e 32 Regolamento EPPO). In particolare, la Grande Sezione prendeva le mosse da due principi generali che rivestono “un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione”, ossia la fiducia reciproca e il riconoscimento reciproco fra Stati Membri: in sintesi, a parere della Corte, gli artt. 31 e 32 Regolamento EPPO sono stati introdotti allo scopo di agevolare e semplificare la cooperazione giudiziaria fra i paesi UE che, in tal modo, accettano “l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati Membri, anche quando l’attuazione del proprio diritto nazionale porterebbe a una soluzione diversa“. Infatti, se il legislatore dell’Unione ha inteso istituire un meccanismo che garantisca un alto grado di efficacia delle indagini transfrontaliere condotte da EPPO, esso deve essere raffrontabile, in termini di efficienza, alle procedure già previste nell’ambito del sistema europeo di cooperazione giudiziaria ex Direttiva 2014/41 in materia di ordine europeo d’indagine (OEI), provvedimento che viene esaminato nello Stato richiesto soprattutto per aspetti di carattere formale. Pertanto, utilizzando la normativa eurounitaria sull’ OEI come metro di paragone, la Grande Sezione statuiva che un’interpretazione degli artt. 31 e 32 Regolamento UE volta ad ammettere un vaglio sostanziale da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza, sfocerebbe “in un sistema meno efficace di quello istituito” dagli strumenti giuridici preesistenti, nuocendo “all’obiettivo perseguito dal medesimo regolamento“. Infatti, non solo verrebbe duplicato il controllo giurisdizionale per questioni di merito, ma, come corollario, l’autorità competente dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza dovrebbe effettuare uno scrutinio pieno dell’intero fascicolo “che dovrebbe esserle trasmesso dalle autorità dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso e, all’occorrenza, tradotto“. Peraltro, poiché le valutazioni sulla giustificazione e sull’adozione di una misura investigativa sono disciplinate ex art. 31, paragrafo 2, Regolamento EPPO dal diritto dello Stato Membro del PED incaricato del caso, l’autorità competente dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza non è chiaramente nella “posizione migliore rispetto all’autorità competente dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso per procedere a un siffatto esame alla luce del diritto di quest’ultimo Stato Membro” (cfr. Sentenza, punto 70). Pertanto, in conclusione, la Corte di Giustizia statuiva che: EPPO e la questione della protezione dei diritti fondamentali EPPO esce indubbiamente rafforzata all’esito della sentenza della Grande Sezione, in quanto potrà implementare misure investigative transfrontaliere:  (i) senza dover trasmettere e tradurre l’intero fascicolo procedimentale a favore del PED incaricato di prestare assistenza;  (ii) senza che l’eventuale autorità giudiziaria a cui il PED può essere tenuto legalmente a rivolgersi per ragioni autorizzative debba valutare profili di merito; e  (iii) senza che tali profili di merito possano validamente essere oggetto di impugnazione presso lo Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza. Inoltre, la Corte di Giustizia, dopo la sua prima pronuncia sul Regolamento n. 2017/1939, si candida a diventare, in prospettiva, uno dei migliori alleati di EPPO, aiutando quest’ultima ad implementare un’azione investigativa uniforme nei singoli Stati Membri ed a superare eventuali contrasti con le autorità nazionali. Tuttavia, a parere di chi scrive, la questione giuridica posta alla Corte di Lussemburgo resta ancora aperta rispetto alla tutela dei diritti fondamentali.  Infatti, come anticipato, l’interpretazione logica abbracciata dalla Grande Sezione ha posto parzialmente in ombra il dato letterale dell’art. 32 Regolamento n. 2017/1939 per cui “le formalità e le procedure espressamente indicate dal procuratore europeo delegato incaricato del caso” non devono entrare “in conflitto con i principi fondamentali del diritto dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato di prestare assistenza”. La Grande Sezione ha cercato di risolvere le problematiche connesse alla tutela dei principi fondamentali, imponendo “allo Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso” di “prevedere un controllo giurisdizionale preventivo sulle condizioni relative alla giustificazione e all’adozione di una misura investigativa assegnata, tenendo conto dei requisiti risultanti dalla Carta” di Nizza, soprattutto laddove siano adottate “misure investigative che comportano ingerenze gravi in tali diritti fondamentali, quali le perquisizioni di abitazioni private, le misure cautelari relative a beni personali e il congelamento di beni“. Tuttavia, l’obbligo per gli Stati Membri di dotarsi di un controllo giurisdizionale preventivo non è previsto dal Regolamento EPPO che, anzi, al paragrafo 3 dell’art. 31 contempla il vaglio autorizzativo delle competenti autorità giudiziarie solo se è “richiesto” dall’ordinamento degli Stati Membri coinvolti. Inoltre, a tenore dell’art. 32 Regolamento EPPO, i principi fondamentali meritevoli di tutela non sono solo quelli enunciati dalla Carta di Nizza, ma anche “i principi fondamentali del diritto dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato di prestare assistenza”. Bisogna, dunque, chiedersi se, alla luce della decisione della Corte di Giustizia UE, residuino degli spazi di tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’ordinamento dello Stato Membro in cui la misura è eseguita. In tal senso, se, a parere della Grande Sezione, l’autorità giurisdizionale dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza non si trova

Nasce la Eppo Academy per creare investigatori specializzati in tutti gli Stati membri partecipanti

Nasce la Eppo Academy per creare investigatori specializzati in tutti gli Stati membri partecipanti

Nasce la Eppo Academy per creare investigatori specializzati in tutti gli Stati membri partecipanti Cosa è la Eppo Academy e a cosa serve Il 27 settembre 2023 nasce l’ “EPPO Academy”. Sarà la Guardia di Finanza a coordinare dal 2024 una prima serie di corsi, segnando così l’inizio del programma di formazione EPPO diretto a creare investigatori specializzati in tutti gli Stati membri partecipanti.  Gli agenti delle forze dell’ordine selezionati dei 22 Stati membri partecipanti avranno l’opportunità di comprendere meglio come il loro lavoro confluisca in un’indagine transnazionale condotta dall’EPPO acquisendo una visione più approfondita dei mezzi esistenti per l’acquisizione e l’analisi delle prove e per l’individuazione dei crimini che ledono gli interessi finanziari dell’UE.   Il Procuratore Capo Europeo, Laura Codruța Kävesi, e il comandante generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro, hanno firmato ieri un accordo (Italia/Lussemburgo, 27 settembre 2023) – La Procura europea (EPPO) e la Guardia di Finanza italiana (Guardia di Finanza) hanno lanciato “EPPO Academy”, un programma di formazione su misura. Il Procuratore Capo Europeo, Laura Codruța Kävesi, e il comandante generale della Guardia di Finanza, Andrea De Gennaro, hanno firmato ieri un accordo di lavoro in tal senso.  Per fare la differenza in modo duraturo nella lotta contro le forme gravi di criminalità organizzata, la Procura europea ha bisogno di investigatori specializzati in tutti i 22 Stati membri.   Eppo Academy per colmare la mancanza di esperienza nelle indagini sui crimini finanziari che colpiscono il bilancio dell’UE Attualmente, nell’Unione Europea, c’è una generale mancanza di esperienza nelle indagini sui crimini finanziari che colpiscono il bilancio dell’UE in particolare.  L’obiettivo dell’Accademia EPPO è offrire a qualsiasi funzionario delle forze dell’ordine che lavori su casi EPPO l’opportunità di imparare dai migliori in qualsiasi campo pertinente alla competenza dell’EPPO. Concretamente, nel 2024, proporrà una prima serie di corsi di formazione sotto gli auspici della Guardia di Finanza, rinomata a livello mondiale.  L’EPPO continuerà ad arricchire l’offerta di corsi di formazione nell’ambito dell’Accademia EPPO e sta esplorando ulteriori esigenze e possibilità con i partner pertinenti nell’UE e oltre.   Condividi: Articoli Recenti