La Corte di Giustizia UE rafforza EPPO nelle indagini cross-border, ma resta aperta la questione della protezione dei diritti fondamentali

EPPO

(di Antonio Golino e di Giovanni Minucci) 1. Il caso “G.K. e altri” (causa C‑281/22) In data 21 dicembre 2023 la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea si è finalmente pronunciata sul tema del controllo giurisdizionale delle misure investigative transfrontaliere che, com’è evidente, ha un notevole impatto sul “processo decisionale rapido ed efficiente” delle indagini EPPO (cfr. 20° considerando del Regolamento EPPO). La sentenza della Corte di Lussemburgo era particolarmente attesa, giacché costituisce, da un lato, la prima decisione relativa sull’interpretazione del Regolamento istitutivo della Procura Europea e, dall’altro, concerne una questione “molto seria” la cui risoluzione segnerà, a parere dell’attuale Procuratore Europeo per l’Italia, Dott. Andrea Venegoni, “il futuro delle indagini transnazionali di EPPO” (cfr. A. Venegoni, Il rinvio pregiudiziale davanti alla Corte di Giustizia (caso C-281/22): l’EPPO alla sua prima, importante, prova, in Giurisprudenza Penale Web, 2022, 12). Di seguito si espone, in sintesi, il caso concreto da cui trae origine l’arresto della Grande Sezione: 2. La Sentenza della Corte di Giustizia UE La Corte di Giustizia fondava il proprio iter motivazionale su un’interpretazione logica del regolamento EPPO, sacrificando parzialmente, come si vedrà nel prosieguo, il tenore letterale delle norme eurounitarie oggetto di rinvio pregiudiziale (artt. 31 e 32 Regolamento EPPO). In particolare, la Grande Sezione prendeva le mosse da due principi generali che rivestono “un’importanza fondamentale nel diritto dell’Unione”, ossia la fiducia reciproca e il riconoscimento reciproco fra Stati Membri: in sintesi, a parere della Corte, gli artt. 31 e 32 Regolamento EPPO sono stati introdotti allo scopo di agevolare e semplificare la cooperazione giudiziaria fra i paesi UE che, in tal modo, accettano “l’applicazione del diritto penale vigente negli altri Stati Membri, anche quando l’attuazione del proprio diritto nazionale porterebbe a una soluzione diversa“. Infatti, se il legislatore dell’Unione ha inteso istituire un meccanismo che garantisca un alto grado di efficacia delle indagini transfrontaliere condotte da EPPO, esso deve essere raffrontabile, in termini di efficienza, alle procedure già previste nell’ambito del sistema europeo di cooperazione giudiziaria ex Direttiva 2014/41 in materia di ordine europeo d’indagine (OEI), provvedimento che viene esaminato nello Stato richiesto soprattutto per aspetti di carattere formale. Pertanto, utilizzando la normativa eurounitaria sull’ OEI come metro di paragone, la Grande Sezione statuiva che un’interpretazione degli artt. 31 e 32 Regolamento UE volta ad ammettere un vaglio sostanziale da parte dell’autorità giudiziaria dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza, sfocerebbe “in un sistema meno efficace di quello istituito” dagli strumenti giuridici preesistenti, nuocendo “all’obiettivo perseguito dal medesimo regolamento“. Infatti, non solo verrebbe duplicato il controllo giurisdizionale per questioni di merito, ma, come corollario, l’autorità competente dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza dovrebbe effettuare uno scrutinio pieno dell’intero fascicolo “che dovrebbe esserle trasmesso dalle autorità dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso e, all’occorrenza, tradotto“. Peraltro, poiché le valutazioni sulla giustificazione e sull’adozione di una misura investigativa sono disciplinate ex art. 31, paragrafo 2, Regolamento EPPO dal diritto dello Stato Membro del PED incaricato del caso, l’autorità competente dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza non è chiaramente nella “posizione migliore rispetto all’autorità competente dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso per procedere a un siffatto esame alla luce del diritto di quest’ultimo Stato Membro” (cfr. Sentenza, punto 70). Pertanto, in conclusione, la Corte di Giustizia statuiva che: EPPO e la questione della protezione dei diritti fondamentali EPPO esce indubbiamente rafforzata all’esito della sentenza della Grande Sezione, in quanto potrà implementare misure investigative transfrontaliere:  (i) senza dover trasmettere e tradurre l’intero fascicolo procedimentale a favore del PED incaricato di prestare assistenza;  (ii) senza che l’eventuale autorità giudiziaria a cui il PED può essere tenuto legalmente a rivolgersi per ragioni autorizzative debba valutare profili di merito; e  (iii) senza che tali profili di merito possano validamente essere oggetto di impugnazione presso lo Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza. Inoltre, la Corte di Giustizia, dopo la sua prima pronuncia sul Regolamento n. 2017/1939, si candida a diventare, in prospettiva, uno dei migliori alleati di EPPO, aiutando quest’ultima ad implementare un’azione investigativa uniforme nei singoli Stati Membri ed a superare eventuali contrasti con le autorità nazionali. Tuttavia, a parere di chi scrive, la questione giuridica posta alla Corte di Lussemburgo resta ancora aperta rispetto alla tutela dei diritti fondamentali.  Infatti, come anticipato, l’interpretazione logica abbracciata dalla Grande Sezione ha posto parzialmente in ombra il dato letterale dell’art. 32 Regolamento n. 2017/1939 per cui “le formalità e le procedure espressamente indicate dal procuratore europeo delegato incaricato del caso” non devono entrare “in conflitto con i principi fondamentali del diritto dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato di prestare assistenza”. La Grande Sezione ha cercato di risolvere le problematiche connesse alla tutela dei principi fondamentali, imponendo “allo Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato del caso” di “prevedere un controllo giurisdizionale preventivo sulle condizioni relative alla giustificazione e all’adozione di una misura investigativa assegnata, tenendo conto dei requisiti risultanti dalla Carta” di Nizza, soprattutto laddove siano adottate “misure investigative che comportano ingerenze gravi in tali diritti fondamentali, quali le perquisizioni di abitazioni private, le misure cautelari relative a beni personali e il congelamento di beni“. Tuttavia, l’obbligo per gli Stati Membri di dotarsi di un controllo giurisdizionale preventivo non è previsto dal Regolamento EPPO che, anzi, al paragrafo 3 dell’art. 31 contempla il vaglio autorizzativo delle competenti autorità giudiziarie solo se è “richiesto” dall’ordinamento degli Stati Membri coinvolti. Inoltre, a tenore dell’art. 32 Regolamento EPPO, i principi fondamentali meritevoli di tutela non sono solo quelli enunciati dalla Carta di Nizza, ma anche “i principi fondamentali del diritto dello Stato Membro del procuratore europeo delegato incaricato di prestare assistenza”. Bisogna, dunque, chiedersi se, alla luce della decisione della Corte di Giustizia UE, residuino degli spazi di tutela dei diritti fondamentali nell’ambito dell’ordinamento dello Stato Membro in cui la misura è eseguita. In tal senso, se, a parere della Grande Sezione, l’autorità giurisdizionale dello Stato Membro del PED incaricato di prestare assistenza non si trova

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